sabato 24 febbraio 2018

"Il Principe di Machiavelli", di Gaetano Mosca

Nel 1927, “quattro secoli dopo la morte del suo autore”, Gaetano Mosca scrive un breve saggio, con il quale cerca di trarre un bilancio complessivo dell’influenza che “Il Principe” di Machiavelli ha esercitato sul pensiero politico moderno. (...)
In passato, tutti hanno cercato in qualche modo di tirare Machiavelli dalla propria parte. Il Risorgimento ne ha visto un anticipatore del processo unitario; Croce vi ha trovato conferme alla sua idea di autonomia della politica dalla morale; Mussolini ha tentato di fascistizzarlo: “La parola Principe deve intendersi come Stato”, organizzatore e limitatore degli individui che, “sospinti dai loro egoismi, tendono a disobbedire alle leggi, a non pagare i tributi, a non fare la guerra”. Durante la Guerra Fredda, gli ideologi occidentali vedono in Machiavelli un difensore della libertà, “un vizietto che i neo-conservatori statunitensi non hanno perduto“, ironizza Carlo Gambescia [nel saggio introduttivo]. Qualcuno ha studiato il rapporto fra Machiavelli e la post-modernità, “così, tanto per non farci mancare niente, si avrà prima o poi persino un Machiavelli liquido”.
Invece, da parte di Mosca, la lettura di Machiavelli non è né particolarmente elogiativa, né negativa.(...)
“Non si diventa furbi leggendo un libro in cui sono esposti i vantaggi della furberia”, conclude Mosca; dunque, altrettanto, l’arte del potere “non si insegna e non si può insegnare in un libro: è un dono di natura che si perfeziona con la pratica del mondo e l’esperienza personale.

A questo link, la mia recensione completa del saggio di Gaetano Mosca, pubblicata sul quotidiano Il Foglio di venerdì 23 febbraio.
https://www.ilfoglio.it/libri/2018/02/23/news/il-principe-di-machiavelli-180533/

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